FRANCESCO ASTIASO GARCIA
ARTIST
HANNO SCRITTO DI LUI
Ogni artista, in modo più o meno consapevole, si mette (e ci mette) in rapporto con la natura. In Astiaso García questa connessione non è solo esplicita, è molto di più: è strutturale. La natura diventa essa stessa parte integrante della materia pittorica. Francesco, in definitiva, non raffigura la natura ma raffigura “con” la natura. I suoi dipinti sembrano essere formati veramente di aria, acqua, terra e fuoco, con tutta la specificità del loro manifestarsi: posseggono l’inafferrabile leggerezza dell’aria, il fluido vagabondare dell’acqua, l’eroica densità della terra, l’ insondabile passionalità del fuoco.
L’artista, si muove alla luce di una profonda motivazione religiosa. In questa ottica, la persona umana non è solo una creatura di Dio, ma ne è l’immagine; è il vertice e la sintesi dell’universo, accogliendo in sé la vertiginosa evoluzione della materia e l’avventuroso stupore dello spirito; è lo specchio nel quale la natura scopre la direzione del suo cammino e si proietta verso una rinnovata identità.
Il pittore si immerge e ci immerge in una realtà che va al di là del visibile, ma che costituisce la vera essenza degli esseri e dell’essere. Lo stupore della natura riecheggia nei visi umani soprattutto femminili e, come una cascata di bellezza, inonda lo sguardo del visitatore.
Con uno stile e una tecnica molto originali, nascono forme nuove, le cui radici affondano non solo in un linguaggio estetico ma in una visione di vita. Sono opere che testimoniano il percorso compiuto dal pittore nel suo passaggio dal figurativo all’astrazione, per giungere ad una sintesi personale tra le due istanze; ma soprattutto testimoniano le radici esistenziali di un’arte che vuole essere espressione di una fede religiosa e di una fedeltà umana.
La costruzione dell’immagine si basa su moduli apparentemente occasionali, ma in realtà condotti con rigore e razionalità; i colori, con la loro alternanza e la loro corrispondenza, diventano forme; la luce non si limita ad accarezzare le superfici, ma le definisce con vigore e leggerezza; vuoti e pieni dialogano per creare dissolvenze, fino all’informale; impressionismo ed espressionismo si intrecciano per delineare volti come paesaggi dell’anima, di fronte ai quali la pausa di sospensione diventa stimolo alla contemplazione.
Il manifesto della mostra è la Dafne, simbolo di una profonda simbiosi tra la divinità, l’umanità e la natura. Nel volto diventato foglia e nella foglia diventata volto la natura celebra il proprio autoritratto. Così, al termine di questa esperienza visiva e culturale, si ripropone la grande domanda: se la natura si ritrova nell’uomo e l’uomo è immagine di Dio, sarà in grado di diventare anche somiglianza di Dio? Ne sarà un’immagine somigliante o un rottame sfigurato e corrotto? E in questo fallimento, anche la natura sarà travolta? Il maestro Astiaso García illumina la risposta con un ultimo soffio di speranza: «L’animo umano è abitato dal desiderio di trascendere tutti i limiti, la bellezza è fragile custode di questo insopprimibile anelito».
Non è l’uomo che protegge la bellezza. È la bellezza che protegge l’uomo.
VINCENZO FRANCIA
Francesco Astiaso Garcia lascerà un segno nella sensibilità del pubblico, la sua è la capacità di leggere nel mondo circostante, allo stesso tempo, il dato oggettivo e la sua interpretazione emozionata.
E’ veramente inconsueto notare come nel suo lavoro ciò che si perde in definizione o fedeltà coloristica venga recuperato con una leggibilità più intensa come succede con quello strumento sensibilissimo e libero che è la nostra memoria, con le sue selezioni apparentemente arbitrarie, le sue cancellazioni che a volte ci turbano profondamente o anche quelle inaspettate palingenesi di lontanissime verità che ci travolgono. Il verosimile si lascia trasformare in immagine onirica, lo slancio creativo resta con rispetto entro i confini della riconoscibilità, il suo fine è trasfigurare la natura nell’arte!
GIANLUCA TEDALDI
Un girasole, alcuni rami spogli, il cielo stellato, un’isola in mezzo al mare: immagini che rappresentano sempre la natura, intesa dall’artista come: «un insieme di simboli, una foresta di geroglifici» che egli interpreta e decifra, per innalzare l’osservatore verso la bellezza del creato. E appunto bellezza, natura, storia, quotidiano sono le parole chiave dell’opera di Garcia: ispirandosi alla vita, e portando con sé l’eredità degli artisti del passato, la sua pittura ricerca l’armonia della forma, il gesto elegante, la sontuosa espressione estetica. C’è senza dubbio un evidente riferimento al provocatorio pensiero di Oscar Wilde: non è un caso che Garcia abbia intitolato un quadro proprio Dorian Gray, e che il titolo della sua tesi per il diploma di laurea in Belle Arti sia Arte e Vita: Vita è Arte.
«L’arte è nostalgia del cielo e desiderio di pienezza! La radice dell’esistenza umana è abituata dal desiderio di trascendere tutti i limiti, la Bellezza è fragile custode di questo insopprimibile anelito», scrive Garcia. E la sua opera cerca di soddisfare proprio questo desiderio umano: bagnarsi nell’azzurro del cielo o nel bianco delle nuvole, inondare i propri occhi della luce solare, perdere la propria mortale fisicità fra le nebulose delle galassie.
TERESA EMANUELE
Francesco è un trentenne romano, padre spagnolo, madre italiana. A vederlo, assomiglia a qualche gentiluomo del Greco. E la sua pittura ricorda qualcosa del grande di Toledo. Ma nessun allungamento delle figure, nessuna estasi irreale.
La sua pittura rappresenta la realtà che si sogna, quella che esiste e non si vede se non con “altri occhi”. Sembra che Francesco abbia questi altri occhi. I viaggi nel mondo, gli incontri, le sensazioni, i dialoghi, i pensieri: tutto ciò che è vita e desiderio di vita spunta fuori dai suoi quadri. Ma senza irruenza, con uno sfumato che ricorda certo Leonardo e che ha bisogno, anzi “necessità”, di venire osservato, a lungo, da lontano. Allora i volti escono dalla nebbia e diventano grandi occhi che ci guardano da “oltre il cielo”.
Mi sono fermato e rifermato: i tocchi umidi di “Amanti dietro il finestrino”, suggeriscono intimità delicate e profonde; “Il bacio” è un delicatissimo disegno azzurrino su sfondo rosa e dice tenerezza pura; “Stigmate” è la linea-fantasma di un crocifisso che appare ma è pronto a dissolversi; “Oltre il cielo” è un volto emergente dalle nebbie e che in esse si sfuma.
Potremmo continuare perché Francesco è anche irruento, focoso, rapidissimo, guizzante. È anche fuoco, albe azzurre che paiono notti, colori come esplosioni vulcaniche, gemiti grida e preghiere.
Cosa si nasconde nell’anima di questo giovane uomo che a trent’anni sembra aver visto molto, compreso ancor di più eppure essere costantemente in ricerca?
Chissà dove si fermerà quest’arte misteriosa, e se si fermerà. In realtà sta proprio qui il suo fascino, nel dubbio che la sua ricerca lo porti verso un altrove metafisico che ci sorprenderà ancora. Francesco è pittore di indagine, di mai sazia corsa spirituale. Infatti, dopo aver gioito contemplando i suoi amori, i suoi furori, le sue preghiere e i suoi pianti – celati dentro nebbie ma ben presenti – si sta bene. Si avverte che così è la vita, dell’anima, prima che del corpo. Per questo la sua è una pittura spirituale, che tende all’astratto, fatalmente. Là dove El Greco stava arrivando.
MARIO DAL BELLO
Nella pittura di Francesco Astiaso Garcia due forti energie si manifestano simultaneamente, l’energia della luce che rivela e l’ energia dell’ ombra che nasconde.
La sua pittura è una mappa che indica il tracciato di un’ arte di vivere, l’ espressione di una formula alchemica dietro la quale si cela sempre un enigma, ogni opera si presenta come ponte teso tra la terra e il cielo. I vari stati dell’ anima si rispecchiano nell’ incessante oscillazione tra l’ oceano universale e il mare intimo. C’ è qualcosa di primitivo e allo stesso tempo profondamente mistico,
di selvaggio e di trascendentale nell’ atto di dipingere di Francesco Astiaso Garcia.
La tela è sempre pervasa dal desiderio di attraversare la materia per rivestirla di spiritualità.
Ogni quadro esprime l’ esplosione di un vulcano interiore, la folgore di movimenti interni che stanno a ricordare il fuoco divino che arde nel cuore dell’ uomo.
Di fronte alla pittura di Francesco Astiaso Garcia si è colpiti dall’ ardore e dall’ evanescenza, dalla pulsione e dalla sua spiritualizzazione. Nel bosco mentale del pittore c’è spazio per una sottile linea di confine tra l’ immagine e la pura astrazione, tra la natura e l’ onirismo.
Un linguaggio di passione, in parte sempre misterioso accoglie lo spettatore e lo conduce fino ad una soglia, la pittura di Francesco Astiaso Garcia è abitata dal desiderio di trascendere i limiti della figurazione, da una spinta interna, dal fruscio dell’ invisibile, dallo scorrere di colori inafferrabili, la sua pittura è prima di tutto un gesto di vita, gesto d’ amore e di poesia, gesto di fede.
MARIANNE CORDIER
La vasta e variegata produzione artistica di Francesco Astiaso Garcia spazia nella sperimentazione di ogni mezzo espressivo: i suoi lavori sono trasparenti quasi eterei, lasciano trasalire la leggera pienezza della loro presenza. Il segno che definisce e accomuna il suo lavoro è quel tratto misterico che si spande, non per definire, quanto piuttosto per far emergere la figura lasciandola piano piano trasparire sotto l’occhio dello spettatore. Più che l’aspetto psicologico Francesco Astiaso Garcia indaga l’anima delle sue figure, anima che sottende e velatamente rivela la sua presenza nel tratto cinereo che la invita a manifestarsi. Volti e ritratti si fanno indizio dell’anima che trova nell’opera dell’artista una forma di rappresentazione. Le figure affiorano dall’espansione del pigmento che come cenere si deposita sulla superficie pittorica conferendo loro fragilità e leggerezza. Mistero e fede diventano i fondamenti di una ricerca artistica che si attua nel quotidiano e si realizza con ogni mezzo espressivo contemporaneo. L’elemento spirituale lascia una traccia di sé nella maggior parte delle opere, siano esse istallazioni, disegni o sperimentazioni video lontane da tematiche religiose dove tuttavia sacralità e mistero emergono da oggetti quotidiani, volti ritratti e autoritratti. Le figure dell’ artista attraverso la propria presenza manifestano anche la propria assenza mostrando l’ espressione visiva di quell’ anima invisibile che mistericamente ci anima, fonte di quella ricerca continua che contraddistingue la vita dell’ uomo e quella dell’ artista.
FRANCESCA CASCINO
Francesco Astiaso Garcia, di ascendenze italo-spagnole, giovane pittore già affermato, è entrato con determinazione e autorevolezza anche nel mondo espositivo della fotografia artistica.
La sua produzione comprende un ingente numero di scatti raccolti durante un'itineranza planetaria dello sguardo, che Astiaso ha lasciato liberamente spaziare, lungo gli anni, nei suoi numerosi viaggi nei vari continenti. L’artista come un minatore di bellezza estrae dal mondo con la sua fotocamera poesia e verità, e lo fa con sorprendente destrezza e l’ assidua ricerca di chi sa estrarre segnale da rumore, isolare il bello dal brutto, soffermarsi sull’ inosservato, ritrovare il perduto e proporre il nuovo, il mai visto. La sua attitudine autoriale costituisce uno degli svariati elementi che fanno la differenza tra una fotografia che possa essere riconosciuta come un'opera d'arte e una che non lo è.
L’arte fotografica di Francesco Astiaso Garcia è quanto mai contemporanea, priva di ogni reiterato stilema e refrattaria a ogni tentazione di maniera. Ciò vale sia per le caratteristiche di composizione e contenuto delle sue opere, sia per le modalità con cui queste sono offerte alla visione del pubblico.
Al centro del lavoro visivo dell'artista c'è la Bellezza. La bellezza del creato, trattata in modo estatico e poetico, apprezzabile da coloro che mantengono l'umiltà, infantile, di lasciarsi ancora stupire. La bellezza che ritrae e propone l'autore ha a che fare con la manifestazione di Dio, come Astiaso stesso dice e scrive. Questa bellezza è quella del creato, che presuppone un Creatore. Dice San Leone Magno «[...] il cielo e la terra, il mare e quanto si trova in essi proclamano la bontà e l'onnipotenza del loro Creatore.». E, a tal proposito, Francesco Astiaso scrive «Il creato annuncia la sapienza e la presenza del Creatore, l'annuncia in una forma visiva, senza parole, senza che se ne possa udire la voce.».La sua, allora, diviene, in un certo senso, un'opera fotografica potenzialmente “profetica”. La Verità che è oggetto del suo sentire, della sua ricerca e del suo operare, è quella della Rivelazione. Ecco che allora il Bene, il Vero e il Bello ritrovano, mirabilmente congiunti, il loro giusto ruolo e la loro centralità nel discorso sull'arte. Con estetica e arte ricomposte e riconciliate rispetto alla frattura del Novecento.
L'opera di Astiaso, in conclusione, è anche “evangelizzatrice”. Proprio perché profetica. Contribuisce cioè a mettere in relazione l'uomo con Dio. La sua vita con la Parola. Le Epifanie di cui si parla, allora, possono diventare, auspicabilmente, le manifestazioni, le rivelazioni che quotidianamente Dio compie nei confronti di ciascuno di noi. Lungo il percorso della nostra esistenza. Questo, Astiaso, lo sa benissimo, e ce lo ricorda di foto in foto, come un fotografo in cammino, che, con noi, e per noi, fa presente che tutti, in carovana, siamo chiamati oltre. Non possiamo, allora, che dirgli grazie. Grazie di cuore
ENRICO NICOLO'
La storia di Francesco Astiaso Garcia è una storia pittorica. Il suo lavoro spazia tra il materico, l’astratto e il figurativo. Ma è quando l’artista romano mischia letteralmente gli stili, in particolare l’astratto e il figurativo, che raggiunge l’eccellenza. Con una ricerca del nuovo, del particolare, e una ricercatezza dei materiali e delle tecniche. E allora basta un po’ di carta regalo tra la tela e il colore a inventare una storia; bastano delle gocce di pittura, casuali, per richiamare un paesaggio Africano. E allora, basta uno schizzo d’olio su un foglio di carta per ‘creare’, dal nulla, un pugno nello stomaco. Una contemporaneità che rimanda continuamente al classico. Ognuno dei dipinti ti guarda da dietro quella patina di astratto che è la nostra immaginazione. Ci lascia liberi di vederci dentro ciò che siamo capaci di creare, una tela fatta di suggestioni. Dipinti pieni di ciò che gli occhi di chi guarda, sono capaci di vedere. Potente.
ROSSANA SOLDANO
Tanti sono i sentimenti che provano coloro che hanno la fortuna di avvicinare Francesco Astiaso Garcia.
Ventisette anni, quinto di sette figli, bello, profondo ed incredibilmente pieno di talento e sensibilità artistica.
Sin da piccolo ha manifestato chiaramente le sue abilità nel disegno e nella pittura, ed i genitori, papà spagnolo e mamma italiana, catechisti itineranti all’interno del Cammino Neocatecumenale, hanno incoraggiato la sua vena artistica. I risultati sono evidenti nonostante la giovane età Astiaso può vantare al suo attivo numerose esposizioni, in Italia e all’ estero.
La sua vita è sempre stata condita dai viaggi; da piccolo, per seguire i genitori negli spostamenti durante le missioni di evangelizzazione, e da grande per conoscere il mondo, e soprattutto per collaborare con chi ha dato una forte impronta nella sua formazione artistica: Kiko Arguello, pittore e scultore spagnolo, autore di innumerevoli opere iconografiche, nonché fondatore del Cammino Neocatecumenale. Molte sono le chiese, in Italia, e anche una cattedrale a Madrid, le cui icone sono state dipinte, tra gli altri, anche da Francesco Astiaso Garcia.
La sua vasta produzione artistica spazia nella sperimentazione di ogni mezzo espressivo. Opere a volte crude e nitide, altre volte sfumate, velate e morbide, quasi trasparenti, irreali, evocative, dense di significato, talvolta misteriose, intrise di spiritualità. L’ arte di Francesco Astiaso Garcia esprime una bellezza che non è fine a se stessa, ma volge il suo sguardo verso l’infinito. Essendo l’artista in questione giovane, la cosa commuove ed incanta ancora di più.
SABRINA PIETRANGELI PALUZZI
Artista sobrio e di carattere gentilmente poetico, egli è conscio di come il suo patrimonio culturale di origine non sia sopprimibile ed è altresì consapevole del fatto che in arte non si possa esprimere alcunché che non rifletta la propria e più profonda matrice umana e culturale. Che non sia fatto, quindi, a mi manera.
La sua arte opera una vera trasformazione della materia, che viene per così dire “spiritualizzata”: i mezzi fisici, privati d’ogni materialità, rifrangono l’essenza, vale a dire la qualità di un mondo originario.
Il discorso dell’artista continua senza interruzioni, le strutture pittoriche vengono elaborate costantemente e con piena autonomia, ma su principi mai smentiti nel corso di tutta la sua esperienza artistica. Astiaso Garcia, nei suoi quadri, sembra aver fatto suo il principio di Delacroix: “Il poeta si salva con la successione delle immagini, il pittore con la loro simultaneità”.
RICCARDO GESSANI
Nel lavoro di Francesco Astiaso Garcia si sente forte l’ esigenza di andare oltre…
spingere le frontiere del comprensibile al limite dell’ umana razionalità.
La visione dell’ immaginario prende coscienza del suo essere e ne vuole fare la sua terra d’adozione.
L’ opera abbandona il suo creatore senza rimpianti, come crisalide vola via per sublimare se stessa,
per raggiungere mete lontane e perse nell’ infinito congiungendosi cosi’ al primo pensiero di colui che l’ ha creata.…un viaggio tra pianeti e mondi sconosciuti alla ricerca dell’ assoluto in qualsiasi modo esso si intenda o recepisca; quella forma di assoluto che genera il desiderio di essere il più vicino possibile al creatore di tali meraviglie; con umiltà porsi domande,con umiltà cercare risposte!
ROBERTO ARMINI